Ieri sera, come tante altre sere, sono stata al cinema ed ho visto un bel film, uscito nelle sale dopo la partecipazione, fuori concorso, al festival di Roma: “Si può fare” di Giulio Manfredonia.
Un film bello, delicato, che tratta il tema della “pazzia”, del confine, sottile molto spesso, tra chi viene additato come matto e chi è normale.
Da andare a vedere per il tema, perché è un buon film italiano (per fortuna senza tanti effetti speciali, scene apocalittiche, suspance da brivido… ingredienti troppo spesso usati, tanto che il nostro palato, con fatica riconosce gusti più semplici, più delicati), per fare onore ad un cast di attori davvero bravi (attori poco conosciuti, ma straordinari nell’interpretazione).
Tornando a casa, ripercorrendo le scene e le battute, ho collegato il film alla mattinata trascorsa in una scuola per l’infanzia in cui stiamo facendo dei laboratori ed ho pensato quanto pare facile dare la parola alle persone (“matte” nel caso del film o bambini nel caso nostro), dar loro modo di esprimersi, ma quanto difficile in realtà.
Poco mi pare, stiamo ad ascoltare chi ha una voce più sottile, chi, magari per soggezione o rispetto o per abitudine, non dice parola, chi non trova il momento giusto per parlare perché non alza la voce e non si fa spazio.
La grandezza del personaggio di Nello, nel film, sta proprio, pur non sapendo nulla di psichiatria, nel sentire che quelle persone matte, prima di essere tali, sono persone… con desideri, con fatiche, con sogni, trattandole come colleghi, come uomini e donne degne della giusta attenzione.
Questo collegamento di pensiero è nato dalla lunga osservazione di chi ha a che fare, in prima persona con i bambini o i ragazzi, e riflettendo sulle mie azioni, che a volte scivolano nel imporre ciò che penso, senza lasciare libertà.
Davvero è difficile, dopo anni di lavoro, non cadere nel “so tutto io” o nel “zitto tu che non sai nulla!” oppure, ancora più terribile perché non da nemmeno modo di controbattere, nel silenzio, nella non attenzione ai gesti, alle parole, ai piccoli lavori che con fatica vengono fatti.
Che questo film possa darci l’occasione di ripensare a come operiamo, a come ascoltiamo, a come consideriamo coloro che ci sono stati affidati.